Si racconta che un gruppo di stelle avesse trovato rifugio proprio qui, nella valle del Sesia, perché qui c'era tutto quello che esse amavano: grandi montagne ricoperte di foreste e rapidi torrenti ed un fiume generoso a raccoglierli, dalle fresche veloci acque azzurre. Acque glaciali in primavera, allo sciogliersi dei vicini ghiacciai, rombanti acque scure di minacce antiche quanto il tempo, nei periodi delle lunghe piogge, luccicanti d'oro al sole d'estate, sempre comunque in corsa più in basso, verso un altro placido fiume che scorre tra rive ridenti, pronto a ricevere il fratello più inquieto.
Nelle foreste più profonde, lontane dalle abitazioni degli uomini, le stelle spingevano nei torrenti rumorosi e limpidissimi gli alberi abbattuti nelle notti di tempesta dai fulmini loro amici, e poi liberati dai rami più ingombranti dai volenterosi castori, gli animaletti dei boschi coi quali le stelle amavano giocare. Alle stelle piaceva montare a cavalcioni di quelle imbarcazioni improvvisate, e poi lasciarsi trascinare dai tronchi che veloci le trasportavano a valle, mentre esse ridevano divertite per i grandi balzi lungo i rapidi torrenti bianchi di spuma. Cantavano poi dolcemente quando arrivavano al placido fiume che correva fuori dai monti, ed esse correvano con lui, sui comodi tronchi che ancora odoravano delle foreste lontane, accompagnate dal volo solenne degli aironi e dal chiacchierio delle famiglie dei dignitosi cormorani, incontrati lungo il cammino, e poi ancora più lontano, fino ad un altro fiume ancora più grande, dove l'impatto coi gabbiani bianchi, ubriachi di onde e di vento, annunciava la vicinanza del mare.

Un viandante che si era perso nella foresta vide quella luce scintillante, e sentì la dolce musica misteriosa. Divorato dalla curiosità, si avvicinò alla fonte della sua meraviglia e spiò, nascosto tra i rami degli alberi che crescevano lungo la riva. Lo spettacolo era di tale bellezza che l'uomo rimase quasi accecato dalla magnificenza di quanto scorreva sul fiume. Con l'avidità che è propria della sua razza, o forse soltanto per la gioia di tenerlo tra le mani, l'uomo d'impulso uscì dal suo nascondiglio e si precipitò verso tutto quello splendore, arrivando a sfiorare una delle imbarcazioni improvvisate, che però gli scivolò tra le dita. Terrorizzate, le fragili stelle fuggirono, chiamarono a raccolta le loro sorelle sparse per tutta la terra e si rifugiarono nel cielo, per non tornare mai più.
Il loro scintillio glorioso è tuttora visibile dal nostro pianeta, ma gli uomini hanno perso per sempre il fascino struggente della loro musica. Lasciarono però, gentili com'erano, qualcosa al loro posto: le innumerevoli, graziose piccole margherite che a primavera ricoprono i prati a migliaia, rimaste a ricordare le stelle con il loro cuore colore di sole.
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