venerdì 1 marzo 2013

1° Marzo - Ricorrenza del Martirio delle Streghe di Salem


“L’uomo è alla ricerca della tragedia
e delle emozioni forti;
se non riesce ad ottenere soddisfazione
ad un livello più alto,
si crea da solo la tragedia della distruzione”

Erich Fromm
‘Anatomia della distruttività umana’



Parlare di ciò che accadde in quel lontano 1692 nel New England non è semplice.
Quella non fu solo l’ennesima triste storia di persecuzioni irragionevoli e folli, ma fu l’esempio perfetto di tali persecuzioni:
senza basi, senza motivi, senza fondamenti, senza che nemmeno il minimo barlume di ragione e luce illuminasse le menti
di chi poteva porre fine alla tortura, alla sofferenza, all’orrore dilagante.

Siamo nel Nuovo Mondo, terre sconfinate sotto il dominio del puritanesimo, e appena fuori dei villaggi e dalle città le tribù indiane pronte a massacrare e uccidere.
Le vicende di Salem Village, uniche, ci permettono, proprio grazie alla loro unicità di dare un volto, un nome, una storia, una personalità ben definita ad ogni singolo sfortunato protagonista.
Conosciamo le parole dette, i pensieri taciuti confidati ai diari,
l’ambiente nel quale tutto si svolse…
E non scordiamo, che ciò che ebbe inizio a Salem nell’inverno del 1692 ammorbò nel corso dell’anno tutto il Massachussets….
La vicenda è stata narrata più e più volte.
Durante quel gelido inverno la piccola Betty Parris, di 9 anni,
figlia del reverendo Parris, e la cuginetta Abigaill Williams di 11,
vengono colte da crisi isteriche, cadono in stati vegetativi,
assumono posizioni innaturali, hanno convulsioni, pronunciano frasi sconnesse, perdono completamente ogni controllo: sembrano possedute.
Alle due piccole se ne aggiungono ben presto altre, molte altre.

Si cercano colpevoli ad ogni costo, si cercano le streghe che hanno gettato il maleficio sulle bambine.
Le prime a venir accusate sono donne ininfluenti, la cui esistenza non ha nessun peso nella comunità. Sono la schiava dei Parris Tituba; Sarah Good, e Sarah Osburn: due povere donne finite in miseria che vivono reiette ai margini della rigidissima società puritana.


Ma perché non fermarsi a queste tre povere donne?
Perché ci fu un così ampio dilagare di accuse?
E soprattutto perché credere alle bambine?

Rispondere alla prima domanda è relativamente semplice:
in una piccola comunità schiacciata dalla morale puritana del XVII secolo, gli odi, i rancori, le invidie e le vendette crescono in fretta, senza freni…
Far condannare il proprio vicino, liberarsene, significa poterne prendere i terreni; far condannare la levatrice significa
trovare una scusa per la propria sfortuna o sterilità.
Ci si sfogava, nel più violento, cruento e crudele dei modi: si umiliava e si degradava l’essere umano.
Lo si uccideva prima nell’anima e poi nel corpo.
Ma perché credere alle bambine?

Perché le bambine non fingevano, o almeno, non sempre…
Erano davvero colte da crisi isteriche. Ma perché?
La risposta va cercata nell’analisi dell’ambiente e della società nella quale vivevano.

L’inverno del 1692 fu particolarmente rigido.
Le case erano gelide, le funzioni tenute in chiesa a volte venivano spostate nella taverna tanto era il freddo, e spesso era consentito di portare con sé coperte, mattoni caldi e persino i cani per riscaldarsi.
La vita era rigidamente ed assolutamente scandita dalle regole della Fede.
I bambini non facevano eccezione.
Da loro ci si aspettava ciò che ci si aspettava dagli adulti, e spesso, come monito, gli si ricordava che avrebbero potuto morire
e finire all’inferno in qualsiasi istante, nonostante la loro giovanissima età: esattamente come i grandi. Tutto ciò faceva parte dell’educazione che doveva venir loro impartita. Ovviamente i più sensibili vivevano immersi in un costante stato d’ansia.

A 7 anni i bimbi in casa dovevano essere d’aiuto e avere i loro compiti da svolgere stabiliti in modo chiaro. Giocavano pochissimo, e i loro giochi ci spiegano bene la situazione. I divertimenti dei bambini sono lo specchio della realtà nella quale vivono: i bimbi di Salem si dilettavano a far finta di andare in chiesa, frustare ed uccidere i quaccheri, e fare le streghe.
Crescendo i maschi avevano la possibilità di sfogarsi con la caccia, ma le fanciulle no. 
Ai genitori veniva chiesto di istruire i figli quel tanto che bastava per leggere la Bibbia. Inoltre non vi erano molte possibilità di avere altri libri, e se di altri libri si trattava erano sempre incentrati sulla religione.
Alle ragazze era così negata la possibilità di crescere sia emozionalmente che culturalmente: da loro ci si aspettava una totale sottomissione. O eri una donna docile o eri una peccatrice: e di lì a divenire una strega da impiccare il passo era davvero breve.

Se in Europa molte streghe non erano che levatrici e donne sagge
che conoscevano i rimedi naturali e le proprietà delle piante e delle erbe; a Salem le streghe non erano che povere donne ignoranti, talvolta dementi, altre volte addirittura donne rette, buone, altruiste, benestanti, in una parola: da invidiare.

Analizzando tutto ciò capiamo da dove prese origini l’isteria che afflisse così tante fanciulle in quell’epoca.
Dai documenti pervenutici sappiamo che Betty Parris e Abigail Williams (orfana), godevano di una libertà anomala: infatti, sia il reverendo Parris che sua moglie spesso si assentavano e lasciavano le bambine in custodia alla schiava Tituba. Tituba veniva dalle Barbados e quindi va da sé che non aveva assimilato pressoché nulla della mentalità puritana del New England. Conosceva il vudoo e molte favole e leggende magiche da narrare alle bimbe. Quell’inverno le bambine per spezzare la monotonia e la noia iniziarono a giocare a predire il futuro gettando l’albume di un uovo in un bicchiere d’acqua e tentando di decifrarne la forma assunta.
Un responso andato male e la prima crisi si scatenò.
Teniamo in considerazionepoi che per i puritani il demonio era una creatura che ti camminava accanto costantemente: reale, quasi tangibile. 
Le bambine si sentivano streghe in quelle notti, facevano davvero ‘le magie del demonio’, non era un gioco: era un che di proibito che loro sfidavano. L’emozione di far qualcosa di vietato unito ad un responso ‘che faceva paura’ fu l’inizio del dramma.

Nel New England del XVII secolo I casi di convulsioni, cecità, rigidità, dolori inspiegabili, frasi sconnesse, insomma, i casi di stati simili alla possessione erano davvero frequenti.
Ora sappiamo che si trattava di isteria.
Le vittime prima di tali attacchi erano solite avvertire, in modo da scongiurare il pericolo che i familiari potessero ferirsi o farsi male.
Secondo Freud e Beuer la causa di tali stati era l’emozione repressa
e secondo gli studi di Charcot, le vittime avevano in comune un fattore: la mancanza di potere.
E’ quanto mai evidente come entrambi gli elementi fossero presenti nelle fanciulle di Salem Village.

Tra il 10 giugno 1692 e il 22 settembre 1692,
20 persone furono giustiziate tramite impiccagione
ed entro il 1693 altre 5 sarebbero morte nelle prigioni.

10 giugno Bridget Bishop

19 luglio Sarah Good
Elizabeth How
Susannah Martin
Rebecca Nurse
Sarah Wilds

19 agosto George Burroghs
Martha Carrier
George Jacobs
John Proctor
John Willard

19 settembre Giles Cory (pressato con pietre sul petto fino ad ucciderlo)

22 settembre Martha Cory
Mary Esty
Alice Parker
Mary Parker
Ann Pudeator
Wilmot Redd
Margaret Scott
Samuel Wardwell

In prigione, accusate di stregoneria morirono:

Sarah Osburn il 10 maggio 1692;
Roger Toothaaker il 16 giugno 1692;
il bambino neonato e senza nome di Sarah Good il 19 luglio 1692, giorno della morte della madre;
Ann Foster il 3 dicembre 1692;
Lydia dastin il 10 marzo 1693


[FONTI: The Witchcraft Hysteria of Salem Town and Salem Village in 1692,edito dai comuni di Salem e Danvers in occasione del trecentenario dei processi]


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